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Miele e Merletto


Dimensioni: 40x40 cm
stampa fine art su tela canvas
Anno 2024






Con quest’opera d’arte digitale, dell'artista e Designer Gabriella Alison Cevrero si colloca in un territorio sospeso tra memoria e innovazione, restituendo al ritratto femminile del XVIII secolo una nuova, sorprendente vitalità. La sua creazione si configura come una sofisticata fusione tra la grazia neoclassica di François Boucher o Élisabeth Vigée Le Brun e l’audacia materica della cultura visiva contemporanea. Il risultato è un’immagine che affascina per la sua doppia natura: sospesa tra l’etereo e il tangibile, tra l’icona e la persona.
 
Il soggetto e la posa

Al centro della composizione, una giovane donna emerge in un busto elegante, immersa in una luce dorata e diffusa. Il suo volto, di una bellezza composta e malinconica, traduce l’ideale classico della serenità interiore, mentre un leggero velo di introspezione ne infrange la perfezione. Il collo, allungato e armonioso, e le spalle scoperte definiscono un profilo di delicata vulnerabilità, bilanciato da un senso di forza silenziosa.
I capelli – un turbinio di riccioli castani, liberi e indomabili – scendono sulle spalle come un’eco romantica, quasi un rimando alla libertà bohémienne, simbolo di un femminile che rifiuta di essere imbrigliato.
 
Abito e innovazione stilistica

È nell’abito che la Cevrero compie la sua più audace operazione concettuale: un corpetto in denim blu scuro, cesellato con precisione sartoriale, dialoga con pizzi avorio e bottoni metallici che ne esaltano il carattere ibrido, tra rusticità e grazia. Le maniche a sbuffo, ornate da polsini di pizzo, evocano la moda settecentesca ma con un piglio ironico e moderno.
Il dettaglio più enigmatico si trova sulla spalla destra: un ricamo dorato a forma di ape stilizzata. Questo piccolo simbolo, apparentemente ornamentale, si rivela chiave interpretativa dell’intera opera — emblema di laboriosità, bellezza effimera e armonia naturale. Un frammento di natura, cucito sulla stoffa del quotidiano, che trasforma l’abito in una metafora visiva del rapporto tra tradizione e ribellione.

Lo sfondo e la luce

L’artista ambienta la figura in un paesaggio pastorale intriso di luce crepuscolare. Gli alberi slanciati, i campi lontani che sfumano nella nebbia e la palette calda di ocra, verde oliva e oro costruiscono una scenografia sospesa, dove il tempo sembra dilatarsi. Le pennellate digitali, calibrate con una sensibilità pittorica straordinaria, imitano la trasparenza dell’olio su tela, rendendo il confine tra pittura e pixel pressoché impercettibile. La figura sembra sul punto di uscire dal quadro, come un’apparizione del passato rievocata nella materia luminosa del presente.
Sintesi critica

L’opera di Gabriella Alison Cevrero si pone come un manifesto di femminilità atemporale: un ritratto che celebra la bellezza non come ornamento, ma come linguaggio di consapevolezza e metamorfosi. Il denim – materiale quotidiano, democratico, industriale – assurge qui a nuova nobiltà, elevato a simbolo della modernità che osa dialogare con il mito.
Il ricamo dell’ape, con la sua stratificazione di significati — dalla regalità alla rinascita spirituale — funge da ponte tra mondi, tra la sacralità dell’arte classica e la concretezza del presente digitale.

Il simbolismo dell’ape

Nel lessico iconografico dell’arte, l’ape è figura di straordinaria densità semantica. Nell’antico Egitto emblema di potere e ordine, nella Francia napoleonica simbolo d’immortalità e autorità, nel Medioevo rappresentazione di virtù e laboriosità, e nella tradizione cristiana segno di purezza e resurrezione.
Cevrero raccoglie questa eredità e la reinterpreta con sensibilità contemporanea: l’ape diventa simbolo di resilienza, di armonia con la natura, di delicatezza che resiste. Come se la creatura dorata, posata sulla stoffa del denim, ci invitasse a riflettere sulla possibilità di una bellezza sostenibile e consapevole.

L’opera si impone dunque come un raffinato esercizio di equilibrio tra passato e futuro, tra materia e luce, tra la memoria pittorica del Settecento e la fluidità del linguaggio digitale. Gabriella Alison Cevrero si afferma così come una voce capace di tradurre l’eredità classica in un vocabolario visivo del nostro tempo — dove ogni pixel è una pennellata, e ogni dettaglio un gesto di poesia visiva.

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