The Indigo Sisters
stampa fine art su tela canvas
Anno 2024
Un Duetto Cromatico: Riflessioni su The Indigo Sisters di Gabriella Alison Cevrero
In un'epoca in cui il digitale si fonde con il tattile, e il lusso storico incontra la quotidianità industriale, l'opera digitale con tecniche miste di Gabriella Alison Cevrero, intitolata – per convenzione critica – The Indigo Sisters (2024), emerge come un manifesto visivo di eleganza anacronistica.
Presentata come un dittico speculare, questa creazione cattura due figure femminili gemelle, ritratte en profil, immerse in un'aura di ambiguità temporale che evoca i fasti del Rococò francese mentre sublima il denim – quel tessuto proletario nato dalla rivoluzione industriale americana del XIX secolo – in un corsetto di alta sartoria.
Cevrero, torinese di nascita e cosmopolita per vocazione, esperta di color design e psicologia cromatica, orchestra qui un dialogo tra epoche con la maestria di chi ha studiato i codici emotivi dei colori come fossero partiture sinfoniche, un'eredità che riecheggia le lezioni di Josef Albers sulla relatività percettiva nel suo Interaction of Color (1963).
Simmetria e Iconografia
La composizione è un capolavoro di simmetria speculare, un espediente che richiama direttamente i ritratti di coppie nobiliari dipinti da Jean-Honoré Fragonard nei salotti di Versailles, come nel suo The Progress of Love (1771), dove lo specchio non riflette solo l'immagine ma amplifica il desiderio di eternità.
Eppure, Cevrero subverte questa tradizione: le due donne, con i loro visi delicati e gli occhi socchiusi in un sorriso enigmatico, non sono reliquie di un'aristocrazia svanita, ma avatar contemporanei.
I loro busti, scolpiti da un denim celeste-ghiaccio manipolato digitalmente con texture miste – sovrapponendo layer di lace virtuale e pennellate oil-like simulate – evocano i busti di marmo neoclassici di Antonio Canova, ma intrisi di un blu denim che, come nota la stessa artista nei suoi saggi sul Pantone del 2026, simboleggia: "fiducia e connessione con la natura urbanizzata".
Questo blu non è il lapislazzulo ultraterreno di Tiziano nella Venere di Urbino (1538), bensì un indaco post-industriale, forgiato nelle fabbriche Levi's di San Francisco nel 1873, elevato a metafora di resilienza femminile: il tessuto grezzo, una volta emblema di operai e pionieri, diventa armatura erotica, con cuciture a vista che pulsano come vene sotto la pelle nivea delle modelle.
Tecnica e Ibridismo
Tecnicamente, l'opera brilla per la sua ibridità: il rendering digitale crea un trompe-l'œil che inganna l'occhio, facendoci dubitare se stiamo contemplando un olio su tela del XVIII secolo o un NFT couture del 2025.
Le acconciature voluminose, ornate di nastri e perle che paiono gocciolare luce, rimandano alle parrucche incipriate di Élisabeth Vigée Le Brun nei ritratti di Maria Antonietta, ma Cevrero infonde un twist moderno: i riccioli biondi, quasi eterei, si fondono con lo sfondo neutro in un dégradé tonale.
Qui, però, non è la nebbia londinese a offuscare, ma un velo di nostalgia digitale, un glitch impercettibile che suggerisce la precarietà dell'immagine nell'era algoritmica – un’eco, forse, delle "ombre platoniche" proiettate nei pixel, come teorizzato da Paul Virilio in L'arte del motore (1995).

Post a Comment